gennaio 22, 2010

Urar - l'ora del vecchio poeta d'amore.


entra quest'uomo, mi chiama Cavaliere, mi dice che è tanto che non ci vedevamo.
lo guardo un'attimo, e ricordo quel poeta che girava in motorino, che scriveva poesie d'amore, che sapendo della mia passione per il disegno qualche anno fa mi chiese di fare dei ritratti per le sue donne che voleva corteggiare, ma io non volevo farglieli, ho sempre schivato. mi imbarazzava perchè non ero bravo a fare ritratti e poi erano delle signorotte, non erano soggetti che mi interessavano, e mi imbarazzavo ancora di più.
tutt'ora faccio schifo come ritrattista, è un casino, mi capita di rado di farne e ne faccio solo a persone che vedo spesso e conosco molto bene. so dove muovermi in visi conosciuti. il suo viso conosciuto era come stampato su pelle e appoggiato sul viso di un'altro.
stentavo a riconoscerlo anche perchè era sempre vispo e arzillo, pieno di energie creative e voglia di corteggiare. era simpatico, anche un po' appiccicoso, ma simpatico.
ho chiesto come va ma si intuiva tutto anche senza domande. solo che la malattia di un malato spesso è il centro della sua vita, come per alcuni è il lavoro, per altri i soldi, per altri la fede. e diventa inevitabile parlarne. tanto vale intavolare subito il discorso.
mi ha detto che bastava che lo guardassi per capire come andava.
"son un morto che camina", ha detto sorridendo.
e mi ha portato il suo orologio per rimettergli la batteria. un orologio grosso, di quelli sportivi con il cronometro, cinturino in gomma spessa e cassa d'acciaio. se l'è sfilato da un polso di puro osso e pelle bianca, io avevo lo sguardo incantato su queste mani e queste dita dove le unghie erano più larghe delle nocche, e la pelle cadeva abbondante tutta intorno.

mentre gli apro il fondo dell'orologio ne avverto l'odore, l'odore dello sporco, del sudore che si accumula tra le fessure della cassa, che viene assorbito dai cinturini. è una cosa che si vede girandoli, prendendoli in mano e guardandone il lato nascosto, quello che è in contatto con il polso. se ne sentono di tutti i colori di odori, raramente profumi, che anche quando ci sono dei sentori di profumo sono troppo contaminati dal sudore stagnante. in questo, sarà per l'uomo malato che me l'ha dato e per tutti i discorsi che mi ha fatto che mi han messo soggezione, mi sembrava di sentire lo stesso odore che avevo sentito l'altro ieri andando a trovare mio padre in ospedale. lui mi chiede come va a Firenze, e lo aggiorno sulla mia vita recente, ad esempio che non ci abito più a Firenze. mi sorprende la sua memoria. io riuscivo a datarlo a qualche anno fa, ma il fatto che si ricordi di questi miei trascorsi me lo colloca temporalmente molto più tardi di quanto avrei fatto io. ho un calendario mentale incasinatissimo, penso.
nel retrobottega misuro la vecchia pila e certifico che è scarica, mentre lui rimasto al di là del vetro continua a spiegarmi di quanto è stato male.
mi dice che ora pesa trentadue chili. sembra più grosso perchè si veste tanto, dice.
pulisco la cassa dallo sporco con una piccola matita/spazzola leggermente abrasiva, soffio via le briciole di polvere ma l'odore rimane, mentre lui va nel dettaglio spiegandomi che gli hanno tolto mezzo stomaco, che gli han tolto un sacco di altre cose.
gli sostituisco la vecchia batteria con una nuova, e lui racconta di non avere molto tempo ormai, che ha tutti e due i piedi nella fossa.

rimetto l'ora e la data di oggi e gli consegno il suo orologio, mi fa gli auguri per mio padre, mentre si allontana lentamente, anche io glieli faccio, ma lui sembra non darci peso.
penso che forse lui si fermerà prima della suo orologio da polso.
probabilmente lo pensa anche lui, ma è meglio mantenere vive le vecchie piccole abitudini fino alla fine, fanno sentire normali.

gennaio 08, 2010

Casi Ciclici.


l'altro giorno tornando da Zagabria dove ho passato l'ultimo dell'anno mi sono fermato a Trieste e ho comprato AnimaLS. un bel numero, particolarmente per Tota che mi fa sempre ghignare e adoro come racconta, poi perchè mi ha fatto piacere rileggere Jimbo di Bruno, anche se quello che proprio mi ha fatto pensare è l'inizio del racconto di Trondheim, quando il suo personaggio incappa di continuo nel gioco dello squash e decide di non opporsi alle coincidenze che la vita gli pone di fronte e accetta di andare a giocare.
ecco, io non gioco a squash, anche se ultimamente avverto un'inspiegabile voglia di imparare a giocare a tennis. sarà colpa della neve.
invece ho collegato questo ripertersi, queste coincidenze questo ricorrere di elementi o avvenimenti o persone che in una visione più grande rappresentano il mio concetto di destino.
non me ne frega un cazzo di tutte quelle menate matrixiane sul fatto che il destino non esiste perchè io individuo preferisco pensare di essere padrone delle mie scelte e del mio futuro. sembra che ci debbano essere per forza da una parte noi come mussi che seguiamo impotenti un disegno divino o supremo senza poterlo cambiare, e oppostamente dirimpetto noi che prendiamo il matitone della nostra vita e disegnamo il nostro destino come lo vogliamo noi, o meglio come ci viene.
ecco, io non sono così estremista nel mio pensiero, credo nel destino, nel disegno (divino o meno), nei casi ciclici (per dirla alla Gazzè), ma non di meno viene la mia capacità di arbitrio, la mia responsabilità, il mio vivere e scegliere come.
più o meno è come un videogioco, ti si ripresenta sempre uno schermo finchè non lo passi.

Uno degli schermi in cui credo di essermi impantanato è Stefan Mihajlovic.

l'ho incontrato la prima volta durante l'aperitivo di apertura di Animafest a Zagabria, in una torre della città vecchia(mi sfugge il nome) il giugno dell'anno appena passato.
Un tipo molto alto, come buona parte dei croati che ho conosciuto, non ricordo come siamo finiti a parlare, probabilmente un accendino, una paglia, una birra, insomma le solite cose.
mi informa di essere un animatore, sta lavorando ad un cortometraggio, tutto da solo, tutto a mano, ma che non posso trovare niente di suo online, in realtà non ha ancora fatto niente.
Parliamo anche di fumetti, conosce naturalmente alan ford e poca altra roba.
ricordo che si guardava intorno con una certa circospezione, mi pareva un po' pazzo e quindi l'ho preso in simpatia.
Poi rimane solo una delle decine di persone che ho conosciuto quel giorno e non ci penso più. la festa continua, i giorni passano tra film e serate tranquille.
In quei giorni abitavo nella zona universitaria, un po' lontana dal centro, ma vicina alla stazione degli autobus, quindi vado lì a farmi il biglietto di ritorno, il festival volgeva al termine, mi ero fermato per un mese in quella città e ci ero stato benissimo ma era arrivato il momento di tornare.
tornando dalla stazione, pomeriggio assolato, incontro Stefan.
è con una donna bionda dai capelli corti, mi pareva vecchia, lei aveva delle borse della spesa, lui un cane al guinzaglio.
"ei"- mi fa, "sei ancora qui?"
"già, ma ancora per poco." "che ci fai da queste parti? abiti qui nei paraggi?"
"no, solo sto facendo un giro"
ho pensato che fosse venuto qui per quella donna, ho provato a guardarla meglio ma non riesco a ricordarla, forse era girata.
Ci siamo salutati, augurati in bocca al lupo.
ricordo bene la sensazione di stranezza: è stata la prima persona che ho riincontrato a Zagabria, almeno riincontrata in posti dove non ci si aspetta che accada.
La volta dopo ci sono ritornato in settembre, o ottobre: Ero pure in un brutto periodo e tra l'altro avevo litigato con la mia ragazza. insomma, c'avevo i cazzi miei.
passeggiavo con un blocchetto di appunti, cercavo una rete libera dove connettermi con il portatile, e preferibilmente anche una bella birra. ero nei paraggi del centro storico, ma lontano sia dalla torre vecchia sia da dove abitavo in giugno, e chi mi passa davanti?
Stefan, la tipa bionda, il cane.
lei sembrava somigliare alla stessa bionda dell'altra volta. quindi lei non abitava dalle parti del nostro ultimo incontro, e nemmeno lui, e poi il cane era di lei, ora era chiaro. c'è da dire che Stefan veste sempre allo stesso modo, e questo rende i nostri incontri ancora più inquietanti.
"ei" - mi fa "sei ancora qui?"
"no, sono andato e tornato. come va?"
e lui comincia a presentarmi alla sua amica, la guardo meglio stavolta, è bionda, non vecchia come avevo avuto l'impressione, di vecchio aveva solo un'aria da punk che non punkava più per stanchezza o per imposti limiti d'età. Stefan parla di me dicendo che sono un fumettista molto bravo (ma so di per certo che non ne sa un cazzo) e subito lei:
"e che ci fai qui a Zagreb?"
prima che risponda Stefan espone i cazzi miei: "he's in love!"
lei mi guarda, un po' compassionevole: "ah, mi spiace."
"prego?"
"le ragazze croate ti spezzeranno il cuore"
"..."
con quello che stavo passando quella giornata le avrei volentieri rispedito la sua premonizione a calci giù per la gola.
si sono congedati in qualche modo, non credo di averli salutati.
ora avevo davvero bisogno di una birra.
ho pensato che lei fosse la stessa vecchia dell'altra volta, ma che fosse ringiovanita. maledetta strega balcanica.
e poi pensavo, ma che cazzo, mi sta pedinando quell'uomo? la sequenza di tre incontri in luoghi sempre diversi e lontani tra loro, in momenti sempre inaspettati e con vestiti sempre uguali (i suoi) cominciava ad insinuare in me il dubbio che quest'uomo centrasse davvero qualcosa con me.
dubbio che si è fatto ancora più forte se non quasi ossessivo l'altro giorno, alle cinque del mattino, stazione degli autobus di Zagabria, io che aspetto il mio autobus per Trieste.
e Stefan Mihajlovic.
non doveva venire a Trieste, sarebbe stato troppo da accettare, era lì per ritirare un pacco speditogli via bus, una cosa che ho scoperto fanno tutti in Croazia.
"ei" - mi fa. e fortunatamente non fa la solita domanda.
"cazzo, -gli dico- se non vengo a zagabria e non ti incontro il mio viaggio non è completo."
"ehehe, già"-
un paio di secondi di imbarazzo.
"come va il tuo cortometraggio?"
"lo sto finendo, manca poco. comicio ad odiarlo"
"capisco cosa si prova, succede anche a me con i lavori lunghi"
poi parliamo di fumetti, di disegno, e lui ad un certo punto mi guarda dicendomi "ho visto molti bravi disegnatori in giro, ma non conosco nessun disegnatore più bravo di me"
e io penso 'sticazzi Stefan. ma è pure molto convinto di questa cosa. mentre la dice e la elaboro mi viene in mente un tratto del curriculum di Andrea Pazienza, dove dice più o meno la stessa cosa.
poi mentre mi sta accennando ad un suo romanzo a fumetti di cui ha già lavorato a 80 pagine e che se glielo rifiuta la image comics non sa proprio a chi potrebbe venderlo, sento di non poter sopportare oltre e me ne vado.
"beh... alla prossima"
"for sure..."

già. quest'anno tornerò in croazia altre volte, e non ho dubbi che lo riincontrerò,
di sicuro capiterà a giugno, perchè ad Animafest ci torno,
e tra l'altro sono proprio curioso di vedere i suoi lavori.
e ci parlerò, proverò pure a capire che cazzo vuole da me. "quando eventi del genere si concatenano non mi oppongo mai".

magari viene fuori che è bravissimo a tennis.

L'ho detto e non l'ho fatto

L'ho detto e  non l'ho fatto. Ora vado a letto e dimentico tutto.